lunedì 27 agosto 2012

New generation: i perché della nuova generazione

Rosy
Rosy è una ragazza di 21 anni, vive in un paese dei Cinque Reali Siti e purtroppo non è riuscita a realizzare ancora molti dei suoi sogni. Le sue passioni, il suo modo di vestire e di relazionarsi si rifanno ad una vera e propria espressione artistica. Vuole fuggire dal suo paese perche li, “la vita degli altri diventa più interessante della propria nonostante sia più vuota” si sente “schiava di se stessa” e pur restando libera crede di “muoversi come un cagnolino bendato”.

“Io non capisco perche oggi le donne si lascino andare cosi, non riesco a darmi nessuna spiegazione, c’è davvero tantissima volgarità in giro. Tra le ragazzine questo fenomeno è molto accentuato, nelle foto, nelle pose e nelle cose che scrivono. Sicuramente non si tratta di essere sexy, e forse lo fanno solo per farsi guardare e non per se stesse. Non capisco perché ci sia bisogno di sentirsi al centro dell’attenzione per un ragazzo che ha solo bisogno di sfruttarti”. Rosy


Domanda: Le ragazze di oggi si comportano in questo modo perché non riescono ad accettarsi?
Risposta: Secondo me non si tratta di accettarsi, manca proprio una sicurezza di fondo. Le famiglie probabilmente con la crisi economica di questi anni vanno in cerca di lavoro e quindi separano i propri ruoli, in modo tale che la madre non sia più la madre ma siano entrambi due figure lavorative. Le ragazze non hanno più un punto di riferimento, manca la sicurezza fondamentale, mancano i sogni. Le ragazze di oggi sono nettamente diverse da quello che eravamo noi alla loro età, adesso è importante la sigaretta, è importante mostrare le forme del corpo. Non so per quale motivo specifico ci sia tutta questa espressione di volgarità, ma sicuramente questo porta a pensare che ci sia molta insicurezza e per colmarla e sentirsi sicuri di se bisogna essere per forza piacevoli agli occhi degli altri. Siamo nell’era del “tutto subito” e quindi più si avanza e più si accorcia l’età; un ventenne di oggi forse fa le cavolate di un bambino di 12 anni, ma ci sono ben otto anni di differenza tra i due, per il bambino c’è una spiegazione: infatti, deve ancora trovare una posizione nella società e per fare ciò deve commettere errori che lo porteranno a capire cos’è il buono e cos’è il giusto, ma è inspiegabile che il ragazzo 20enne che ha già, spero, trovato il suo obbiettivo, faccia determinati errori.

D: Secondo te, ci troviamo di fronte a un’ evoluzione sbagliata del modello sociologico dell’educazione?
R: L’avvento della scuola come elemento fondamentale nella vita, nell’educazione e nella formazione di un ragazzo porta il genitore a credere che parte dell’educazione riservata al figlio sia responsabilità della scuola stessa. Il genitore quindi, involontariamente,  si sente sollevato da alcuni oneri ma questi ha l’obbligo di essere un modello per il proprio figlio, se è assente questo non può farlo. Il genitore quindi, come dicevo prima, si culla sul fatto che le insegnanti dovrebbero educare i propri figli a scuola mettendo a frutto non solo il loro ruolo di maestre, professori, educatori, ecc ma ricoprire anche il ruolo di mamme. Questo tuttavia non può avvenire perché un insegnante non riesce a seguire un bambino alla volta, e quindi il bambino sviluppa  delle potenziali abitudini di gruppo che crescono di pari passo con esso e che magari individualmente non vengono fuori e che l’insegnante riesce a gestire nella classe con uno ‘state zittì’ o con una punizione. Il comportamento dunque del bambino è un ‘trasporto’ che si è deciso insieme al gruppo e che alla fine non va via, per cui il bambino non riceve nessuna educazione se non quella del gruppo, il gruppo magari decide si sentirsi importante e si muove come un branco, che sia alla ricerca di violenza o che vada alla ricerca di cose nuove per soddisfare degli istinti “animali”.

D: Ma parliamo un po’ di te: che tipo di educazione ritieni di aver ricevuto?
R: Io ritengo che la mia educazione sia stata impartita  più che altro dalla mia esperienza personale, dal mio vissuto. L’educazione data dai miei genitori è stata, penso, tutta una conseguenza dei miei errori ma errore fatto, ho imparato che non andava più ripetuto. Nonostante le punizioni impartitemi -sono una ragazza molto testarda- ho voluto fare i miei errori, ho imparato solo sbagliando. Ho imparato molto dalle mie situazioni  nel campo del pettegolezzo e del chiacchiericcio di paese, infatti se una volta me la prendevo per un pregiudizio o per un’ opinione sbagliata che la gente mi addossava, ora mi lascio scivolare tutto addosso perché per gente che vale zero ci sono parole che valgono zero.

D: Pensi di rimanere in questo paese?
R: Io mi chiedo perché ci sono ancora! Il mio sogno era di andarmene appena finita la scuola e vedevo questa come un legame, come un ultimo ostacolo, però finita la scuola sono ancora qua e non capisco per quale motiva sono rimasta. I miei sogni erano di andarmene in qualunque altra parte del mondo, di avere una vita per conto mio. Ancora non lo faccio… da una parte possa essere la paura di non riuscire, dall’altra non so ancora cosa mi trattenga, però si vorrei andarmene.

D:Ora che sei qui a sognare che svolta dai alla tua vita?
R:Non lo so, credo stia prendendo tempo, ma non ho capito ancora per cosa. Mi sono diplomata con il sogno di fare la stilista, con la voglia di andarmene e con tante cose nella testa, sono uscita dalla scuola nella fase in cui un bambino si chiede ancora cosa vuol fare da grande e avevo venti anni. Adesso a ventuno anni mi rendo conto che sono ancora in quella fase, non so ancora cosa voglio dalla mia vita e nel frattempo sto facendo dei lavoretti nell’attesa di una decisione. Penso che sia un anno di attesa, perché non so cosa farò dopo quest’anno.

D: Credi che questo paese non ti abbia dato le possibilità per vivere a pieno la tua vita?
R: Come si suol dire “la mela non cade lontano dall’albero” per cui, sono poche le persone che questo paese non lo sopportano, molti lo adorano e lo amano per quello che è, perché quest’abitudine di parlare degli altri è un passatempo che si trasmette di padre in figlio, indi è nella personalità del paese. …Questo è un paese agricolo, un paese che si alza presto per lavorare e tornare nel primo pomeriggio per dormire, un paese dove non si guarda la tv,  dove lo svago è semplicemente parlare delle persone che si conoscono del vicinato, di quello che si è comprato e di quello che ha fatto. Mio mal grado è una cosa che viene trasmessa anche ai figli che magari non lavorano, che non hanno nulla da fare. Nella mentalità delle persone e nel pettegolezzo è racchiuso lo sfogarsi, il distrarsi da un’intensa giornata di lavoro… Quando non c’è nulla da fare, la vita degli altri diventa più interessante della propria nonostante sia più vuota!

D: Credi di  vivere a pieno la tua vita nella più totale libertà di pensiero e di movimento?
R: Si, penso di essere nella totalità di libertà di pensiero e movimento. Anche se il mio pensiero, in questo momento è talmente confuso che è lui stesso che mi tiene legata; sono “schiava di me stessa” per cui si, confusamente sono libera, mi muovo come un cagnolino bendato però mi muovo a modo mio.

D: Qual è la tua passione?
R: Credo di aver messo da parte le mie passioni, principalmente nell’ultimo periodo, credo di essere “tutto ciò che può racchiudere un artista”  fa parte di me il disordine, fa parte di me l’arte dello scrivere, l’arte del disegnare, l’arte dell’apparire. Tempo a dietro non appena mi ricavavo un angoletto nella giornata riuscivo a scrivere o a disegnare qualcosa, invece ora devono chiedermi di farlo, non c’è più quello sprono che mi porta a farlo di spontanea volontà.

D: Credi che facendo cosi tu stia ammazzando a poco a poco i tuoi sogni?
R: No, gli sto dando uno spazio secondario in attesa che io mi decida a dargli tutto, perché dargli uno spazio a metà non serve a nulla quindi accantonarli per un po’ per trovagli una nuova strada.

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