sabato 29 settembre 2012

FUORI DAL GREGGE: "La storia di un ragazzo di paese che diventa una "Star del Rock"



Giuseppe Miele in arte Joe Eleim anche voce "Schiva"
Joe Eleim o meglio conosciuto come Giuseppe Miele, è un ragazzo di Carapelle trasferitosi a Prato in Toscana all'età di diciotto anni. “Sono nato il 14 giugno dell’83 a Foggia, fino all'età di 15 anni ho vissuto a Orta Nova, poi sono andato a Carapelle. Ho avuto un’adolescenza normale e particolare allo stesso tempo, il divorzio dei miei genitori è stato il motore che ha scatenato in me una certa ribellione.” Sin da piccolo ha amato la musica, soprattutto la musica rock e metal, insieme alla passione della musica ha sempre coltivato anche quella dello scrivere. All'inizio Giuseppe era un semplice ragazzo che suonava e cantava nelle cantine di Carapelle, oggi è un cantante e musicista emergente,  ha totalizzato 4 album musicali, più di 30 live nelle piazze d’Italia e da ottobre la sua  musica sbarcherà all'estero  La cosa che colpisce di più di Giuseppe e delle sue opere e che nonostante la lontananza e il rapporto che dice di avere con il suo paese “amo et odio” è riuscito a non dimenticarsi del dialetto, delle tradizioni e della semplicità di chi vive in questo territorio. Anche in alcuni brani questo legame è molto evidente, si rimane sbigottiti di come la sua è una melodia ricercata e assemblata con destrezza, quasi a far rivivere quel momento come fosse tuo, questo anche grazie all’uso e alla presenza in alcuni testi del dialetto carapellese. La sua notorietà poteva farlo esaltare, invece no, è rimasto umile nei modi di fare e nei modi di essere. Il genere musicale rock è un genere che ha fatto e fa ancora oggi la storia della musica, il suo è un Hard Rock, un rock pesante, forte non solo nella musica ma sopratutto nei testi e nei temi  che tocca, si, perché non si accontenta di sfiorare il giusto, ma mette a nudo la sua cruda verità.


Domanda: Nasce prima la tua passione per la musica o prima quella della scrittura o entrambi nello stesso tempo?
Risposta: La mia passione per la musica nasce quando in me dall’essere loquace mi sentivo sempre più estroverso nei modi di fare e nei modi di pensare. Il primo ravvicinamento con la musica è stato con i vinili di mio zio, con i gruppi Pink Floid e Rolling Stones da qui è partita quella febbre vorace per la musica e per il rock. Ho iniziato a frequentare persone che suonavano e ricordo che si andava ad ascoltarli nelle cantine tra Carapelle e Foggi, poi iniziai ad avere il mio giro suonando e cantando anch’io in queste cantine. Questo per me è stato una valvola di sfogo, attraverso la musica e la scrittura potevo dire la mia su certi avvenimenti e su alcune situazioni o diatribe che accadevano nel paese e intorno a me. La passione per la scrittura l’ho sempre avuta ma non l’ho mai coltivata fino ad oggi, all’inizio ero molto più interessato alle arti visive, disegni e dipinti. Nella vita ho capito che l’arte in generale è un bel sistema per esprimere tutta  la cattiveria che si  ha all’interno senza ferire nessuno, dicendo quello che provi e che senti. Io mi sentivo appagato quando spruzzavo il mio veleno e dicevo ciò che volevo, all’inizio infatti i miei scritti erano molto aggressivi, poi col tempo mi sono addolcito. Ho sempre suddiviso la mia personalità  in due parti o anche in tre, c’è una parte di me, pacata rilassata, aperta a tutto e a tutti, un’altra più estroversa e quasi minacciosa, in poche parole non ha mezzi termini, non ha confini, questa parte delle volte mi ha recato grandi problemi.

D: Con l’arte, con lo scrivere e con la pittura volevi far emergere la cattiveria che era in te, era davvero cattiveria?
R: Era un anestetico, per i demoni del passato, ognuno di noi il passato non lo elimina mai, è sempre dentro. Le sofferenze famigliari, le incomprensioni, alcune situazioni e momenti vissuti durante l’infanzia quando cresci diventano delle cicatrici, che pian piano si iniziano a chiudere, ma che ti portano a un bivio e il problema è nella scelta della strada, o svolti dal lato giusto o da quello sbagliato, ma non puoi soffermati per sempre, devi svoltare.

D: Per te il rock è un genere musicale, una religione o un modo di vivere?
R: Per me è un modo di vivere da sempre, ora è diventata una moda. Il rock è una chiara espressione di quelle persone che dicono, la voce di una realtà nuda e cruda, senza mezzi termini. Almeno ti parlo di quando ero ragazzino, chi ascoltava il rock lo viveva anche, oggi è diventata una moda, una moda che ti porta ad apparire. Sono sempre stato uno che in base al gruppo che ascoltava in un dato periodo, si informava  per scoprire i retroscena, la vita e i segreti di un cantante o di un gruppo e insomma ti facevi un idea dei personaggi. Ricordo che si acquistavano delle riviste “Metalschoc” o “Rock Hard” che ora non pubblicano più, ma oggi con internet le informazioni sono molto più facili da reperire.

D: Hai avuto un personaggio o un mito che hai seguito?                                                   
            R:Io sono sempre stato per le situazioni ibride, prendere qualcosa da vari personaggi. I primi periodi che ascoltavo questa musica adoravo il modo camaleontico di imporsi sul palco di Mick Jagger o il modo estroverso di apparire di David Bowie, la poesia, i momenti crepuscolari che riuscivano a creare i Dire Straits, insomma un qualcosa da ognuno di loro, ci si fa un bagaglio di tutto. Seguire un solo idolo ti porta ad assomigliare sempre più al tuo idolo e questo non mi è mai piaciuto.


D: Come hai vissuto la lontananza da Carapelle?

R:Per me è stato come distaccarsi dal cordone ombelicale, perché io ho visto il sud sempre come una madre dove tutto era permesso, tutto era lecito come descrivo anche in un mio brano e dove tutto va a rilento. A differenza del nord che è tutto un correre, al sud il tempo scorre in un’altra maniera. Rimanere fuori dal gregge giù era molto difficile. Il mio rapporto con Carapelle è di amore e odio, quando devo resettare le idee, devo coordinare le situazioni da affrontare, anche se sto sempre in giro con amici incontrare gente, c’è una parte del mio cervello che si rilassa nel vedere le vecchie strade del mio paese, il sorgere del sole a prima mattina, o la strada che hai fatto per anni quando andavi a scuola. Qui ogni tanto provo dei sentimenti di nostalgia e voglia di emergere, una sensazione un po’ strana, che mi da del benessere.

D: Cosa è significato il trasferimento a Prato?
R: All’inizio è stata un po’ dura, tanta gente pensa che trasferirsi è la soluzione di ogni problema e la realizzazione di ogni sogno, infondo non è cosi, ci sono voluti anni per me mettere su un gruppo, soprattutto musicale perché in Italia prediligono le cover band, quindi una copia del tutto o quasi simile a un personaggio già esistente o famoso. Il mio modo di essere “fuori dal gregge” mi ha portato a staccarmi e vivere una situazione tutta mia. Ci fu un periodo che  avevo preso come fissa dimora per scrivere un vecchio casolare sulle colline di Prato, si chiama “La villa del Barone”, li si vede tutto il panorama di prato con le luci, e scrivevo tutto ciò che mi frullava per la testa. Tutto ciò che scrivevo ero sicuro che mi ritornavano utili, infatti tanti demo di oggi sono il frutto di quello che ho scritto durante la mia adolescenza. Qualsiasi abbozzo scritto quando poi li inserivamo la musica, calzava a pennello, e questa cosa mi ha sempre affascinato, qui ho capito che ognuno di noi ha già una strada prestabilita o che ci sia qualcosa che bene o male ci guida. Abbiamo un destino già stabilito ma dobbiamo coltivarlo.
D: Come e dove nasce la tua storia discografica?
R: Il primo gruppo nasce a Prato, con il nome “Licantropia” inteso come malattia patologica mentale, quindi la trasformazione non dall’uomo a bestia, ma come atteggiamenti da persona pacata e calma a una persona fuori controllo. Il titolo del Cd era “Espliciti e realtà” con vari brani all’interno: ‘Pugni in Gabbia’, racconta la mia voglia di esprimersi mentre ero a Carapelle; ‘Silenzio’, è la descrizione di uno stato d’animo che ho avuto, quando è venuto a mancare un mio carissimo amico, Alfonso Piteo è questo il brano a cui ci tengo molto e descrive i perché della vita, dei perché senza domanda! Parla di un saluto, di un addio e di un silenzio finale; ‘In tutti i miei veleni’, denuncia la violenza sulle donne che è una cosa a cui ci tengo molto; ‘Estremamente esplicito’, è un esplosione di enfasi e cruda realtà. La situazione del gruppo si iniziò a sfaldare giorno per giorno e dopo un anno e mezzo la band si sciolse. Successivamente nacque un altro un altro gruppo i “Mescal04” ma anche esso destinato a finire prematuramente. Nel frattempo riesco, in collaborazione con il fonico, a incidere una demo ‘My coma’ che è la descrizione di chi vive con l’utopia di essere puliti, ma che poi ha dei grossi scheletri nell’armadio, questo è il modo di vivere nel mio paese e mi stava stretto, era come vivere in coma; In ‘SudEst’ parlo di Carapelle, del vento che sfiorava il grano che sembrava un mare in balia del vento in questa canzone, ho cercato di utilizzare il modo di vedere di un bambino e il modo di pensare di un adulto. Ho avuto un esperienza fuori dagli schemi, mettendo da parte il metal e il rock e mi sono cimentato nel Reggae dove quasi tutte le mie canzoni sono in dialetto carapellese. Successivamente, nasce il gruppo gli “Schiva”, che subito diventa una famiglia, qui nel giro di pochi mesi mettiamo su il primo demo e ora stiamo preparando un album da inviare ad un etichetta che ci ha contattato. Ma non solo, con gli Schiva facciamo anche dei concerti e per me il palco è un altro pianeta, quando salgo sul palco mi sento che entro in un’altra dimensione, non so spiegarvi cosa provo.
D: Chi sono gli Eleim e qual è la loro storia discografica ?
R: Io vivo due realtà quello degli Schiva e il progetto “Eleim” un duo. Il progetto “Eleim” da sogno è diventata una piccola realtà. Siamo al 3° album pubblicato e il 4° sta per uscire, abbiamo una piccola distribuzione dei nostri cd, ma non solo, a settembre partiranno anche delle date per dei Live. Il genere musicale degli Eleim è Metal melodico ma un po’ crudo che denuncia la pazzia umana e quello che c’è di più marcio al mondo. Alcuni pezzi cantati dagli Eleim sono: ‘La morte degli eroi’, che è un pezzo dedicato ad Edoardo Costa, l’attore che fece un servizio fotografico per l’UNICEF e poi si mangiò tutti i ricavati per proprio tornaconto; ‘Hyde’, che parlo dei retroscena di qualsiasi comune mortale, qui ho preso spunto dal modo di agire di alcuni paesani, quello del chiacchiericcio e dello sparlare; ‘Nel nome del profano”, dedicato a S. Giovanni Rotondo, per me è stato sconcertante andare a S. Giovanni Rotondo e trovare bancarelle, parcheggi a pagamento, negozietti con immagini sacre di tutti i tipi e colori, pubblicità di ristoranti e pizzerie. In quel momento ho subito collegato al versetto della bibbia dove Gesù, si reca alla sinagoga e vedendo tutti i mercati all’interno si arrabbiò perché in un luogo di culto, nella case del padre vedeva fare mercanzie e sbatte fuori tutti. Per me è stato rivivere la stessa situazione ma senza Gesù, da questa esperienza rimasi cosi colpito che scrissi ”Nel nome del profano” e in un versetto dico “Come in una Babilonia moderna si commercia la profanità artigianale” e nella parte finale dico “Dio si è velato i suoi occhi con la mano, per non vedere quello che sta succedendo”; ‘Porci incravattati’, è un pezzo che parlo della massoneria, questo dell’occulto è un mondo che mi ha sempre affascinato e attraverso molti libri che ho studiato mi ha fatto capire cosa c’è oltre; ‘Sepolto vivo’, è un pezzo liberatorio, parla di un periodo particolare della mia vita, dopo la fine di una relazione sentimentale di sette anni, descrivo il distacco e l’impressione di soffocare all’interno di una scatola senza via d’uscita; ‘Marchiato sulla pelle’, per la prima volta affronto il tema dei miei tatuaggi, che sono l’esperienze e i ricordi che ho vissuto.
D: Cosa significa salire su un palco?
R: Sia gli “Schiva” che gli “Eleim” da quasi tre anni fanno concerti dal vivo, quest’anno per la prima volta usciamo dall’Italia per un tour in Svizzera, infatti staremo li ad ottobre per due date il 26 e il 28. I primi Live per me sono stati un po’ ‘strazianti’, scendendo dal palco c’erano donne da cinquant’anni a bambine di 13 anni che mi chiedevano di autografare il cd, qui sono rimasto un po’ destabilizzato, è piacevole come sensazione ma per me era una cosa stranissima, oppure vedevo sotto al palco persone che cantavano ciò che io ho scritto, e questo secondo me è la cosa che più appaga, quando noti che c’è gente che abbraccia la tua causa, il tuo modo di pensare che quello che tu hai scritto stimola delle sensazioni, appaga e gratifica molto, questa è la vera ricchezza!

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6 commenti:

  1. Complimenti matteo....e' stato come rivivere l'infanzia passo dopo passo...davvero emozionante. Ho rivissuto i momenti che ormai sono impossibili da rivivere con la stessa intensita'. Poi questa e' una storia che mi sta a cuore dato il protagonista....ancora un abbraccio a te ed al mitico JOE...
    Giuseppe

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  2. complimenti davvero Matteo....è stato davvero emozionante come articolo....rivivere le stesse emozioni che insieme abbiamo condiviso da adolescenti, è davvero bello...poi questa è una storia che mi sta davvero a cuore,dato il protagonista!!! Hai saputo cogliere quello che voleva esprimere JOE, cogliendo le emozioni, i dolori e la forza trasformando tutto in una splendida biografia che, mentre leggevo, rivedevo come degli slide di immagini nella mia mente... un abbraccio a te e al mitico ELEIM

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  3. AMMIRO LA TUA AUDACIA ELEIM.....TI AUGURO IL SUCCESSO CHE TI MERITI......COMPLIMENTI PER L'ARTICOLO MATTEO TRASMETTI L'ANIMO CE LA FAI SENTIRE A PELLE QUESTA STORIA.....AVRAI UNA SPLENDIDA CARRIERA......

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  4. si complimenti Matteo....si trasmetti le emozioni per ogni storia che scrivi ce la fai vivere........

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  5. Grande Eleim!.... però caspio Matteo potevi almeno vedere su wikipedia come si scrive pink floyd e rolling stones......

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